Se non fosse per il gocciolìo notturno, durante
una pioggia, forse la pioggia stessa non sarebbe
avvertita da coloro che non si bagnano.
Così in questa epopèa oscura e taciturna, che
in città avvertiamo e non solo, non sentiamo eco e
nemmeno profumo, figurarsi suono o sentimento.
Eppure ne cade di acqua...ma tanta...troppa.
Soltanto un lamento, nella gente, sopìto e ormai
nemmeno fiero, si intuisce, a rispondere al
fragoroso silenzio in un triste abbandono.
Silenzio di chi, demandato a farlo, dovrebbe rispondere dopo aver
ascoltato e fare qualcosa dopo avere studiato e sudato.
Silenzio dell'Istituzione, negli uomini e nelle
loro stesse funzioni, annegàti in per lo più
futili e inutili liti e incomprensioni.
Eppure il silenzio è appunto via via sempre più fragoroso,
disturba tutto tranne l'udìto, urta la coscienza
civica e il ritegno, provocando torpore dall'
implosione dello sdegno.
Il fragore muto delle inutili figure, del modo
leggero di curarsi a tutti i livelli della cosa pubblica,
preoccuparsi dei suoi profili sfigurati, del suo stomaco vuoto.
In uno stato di morte apparente la città si china,
prona e asservita, mal gestita e compatita dai suoi
cittadini.
Eppure c'è una coscienza che esiste ancora,
incastonata nel cuore di coloro che ragionano e parlano
guidati dalla buona volontà, rarissimi profughi dal cattivo esempio.
Il crepuscolo, vive la sua luce soffusa appena prima delle
tenebre, e in questo spazio sfrutteremo persino le
ombre più impercettibili, per tentare ancora, per capire
ancora, per sperare ancora...