venerdì 11 marzo 2011

SCILLA E CARIDDI


La vita politica e soprattutto amministrativa, in un Ente qualunque, ma soprattutto in un Comune, dove l’impatto umano è più tangibile, è come un viaggio, più o meno lungo.
E’ come salpare con una nave e veleggiare al largo, verso l’orizzonte.
Sarebbe normale sapere dove voler arrivare, alla fine del viaggio.
Sarebbe opportuno conoscere e magari scegliere l’equipaggio e la rotta.
Sarebbe necessario che l’ equipaggio sia davvero contento di navigare in quella determinata direzione e felice di essere guidato dal “comandante” che guida il battello.
Delle volte invece, questo non accade.
Ci sono Amministrazioni che partono per un viaggio, si, ma senza meta.
Amministrazioni in cui l’equipaggio viene accorpato come l’arca di Noè, con tutto e con niente, con tutti e con nessuno, dove appunto l’ "animale eletto" guida gli altri "animali".
Amministrazioni che non scelgono il loro “comandante”.
Egli arriva come una maledizione per se stesso e per gli altri, come una scomunica papale, un frutto dell’ira di un “Dio” superiore al Dio in terra!
Che non sia alla fine persino un alibi per l’equipaggio? Mah!
Si inizia così un viaggio in balìa delle onde, la nave schiaffeggiata dalle intemperie, pirati e temporali e nel momento più stretto del percorso, magari quando tutto sembra tacere, ecco tra un mostro e un vortice marino, per vivacchiare con l’unico motivo di restare attaccati alla nave e sopravvivere, i marinai a bordo annaspano e non vogliono neppure sapere se il morso è di Scilla o il risucchio è di Cariddi.
Sperando di non naufragare e non terminare il viaggio prima del tempo stabilito.
Allora cos’è? Un viaggio per dove? Un viaggio per cosa? Per chi?
Per la patria? Per la gloria? Per l’altra vita?
Comunque per fortuna queste storie non riguardano la nostra città.
Poi, siamo pure lontani dal mare, da noi ci sarebbe un "ammutinamento" il primo giorno!

domenica 6 marzo 2011

IL PIANISTA DEL SALOON

Come nel west, nel “selvaggio west”, come in un film di Leone, tra bicchieri di whisky e un mazzo di carte, qualche rara donnina che consuma la sua allegria, tra le urla. Ogni tanto qualche ceffone, un baro, il solito ubriacone. L’atmosfera di per sé è persino simpatica, un “universo” in piena autonomia, un “caos” di voci, rumori, schiamazzi, dove la bella di una partita diventa una questione di vita. Fuori, un passante non può percepire assolutamente nulla, solo avvicinandosi comincerebbe ad intuire un rumore indefinito, fine a se stesso, che non fa germogliare niente, però non stanca i protagonisti, fieri del loro dolce gozzoviglio.
Ma dall’esterno si sente anche la musica, la musica del pianista, che nella distrazione generale, continua imperterrito a suonare.
A tutti gli “ospiti” dovrebbe interessare il tema che si sente sollevare dal piano, ma nessuno si gira, nemmeno a guardare.
Ah! Il pianista, sempre col sorriso e col fare gentile, convinto che in fondo nessuno lo possa capire. Perché lui è l’unico sempre sobrio, è lui che mentre gli altri si accapigliano di vanagloria si dedica a riscaldarsi dal sacro fuoco dell’arte!
È proprio così, anche ogni città, nella sua forma amministrativa ha il suo pianista del saloon, magari anche più di uno.
Conoscitori profondi del labirinto amministrativo, ne nascondono sempre un Minotauro e non basterebbero chilometri di gomitoli rossi per venirne a capo.
Sornione ma attento, apparentemente distratto ma sempre presente, disincantato con le parole ma acuto e raffinato nei fatti.
E ne passeranno di ubriaconi, di viandanti affamati e di buoni e scarsi giocatori, ma oltre le porte basculanti il pianista sarà sempre presente, per suonare la sua musica che nessuno sente!