Come nel west, nel “selvaggio west”, come in un film di Leone, tra  bicchieri di whisky e un mazzo di carte, qualche rara donnina che  consuma la sua allegria, tra le urla. Ogni tanto qualche ceffone, un  baro, il solito ubriacone. L’atmosfera di per sé è persino simpatica, un  “universo” in piena autonomia, un “caos” di voci, rumori, schiamazzi,  dove la bella di una partita diventa una questione di vita. Fuori, un  passante non può percepire assolutamente nulla, solo avvicinandosi  comincerebbe ad intuire un rumore indefinito, fine a se stesso, che non  fa germogliare niente, però non stanca i protagonisti, fieri del loro  dolce gozzoviglio.
Ma dall’esterno si sente anche la musica, la musica del pianista, che nella distrazione generale, continua imperterrito a suonare.
A tutti gli “ospiti” dovrebbe interessare il tema che si sente sollevare dal piano, ma nessuno si gira, nemmeno a guardare.
Ah! Il pianista, sempre col sorriso e col fare gentile, convinto che in fondo nessuno lo possa capire. Perché lui è l’unico sempre sobrio, è lui che mentre gli altri si accapigliano di vanagloria si dedica a riscaldarsi dal sacro fuoco dell’arte!
È proprio così, anche ogni città, nella sua forma amministrativa ha il suo pianista del saloon, magari anche più di uno.
Conoscitori profondi del labirinto amministrativo, ne nascondono sempre un Minotauro e non basterebbero chilometri di gomitoli rossi per venirne a capo.
Sornione ma attento, apparentemente distratto ma sempre presente, disincantato con le parole ma acuto e raffinato nei fatti.
E ne passeranno di ubriaconi, di viandanti affamati e di buoni e scarsi giocatori, ma oltre le porte basculanti il pianista sarà sempre presente, per suonare la sua musica che nessuno sente!

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